La giovinezza
Nel bene o nel male, il Capitano è sempre il Capitano!!!!!!
Attrazione fatale
Quel venerdì sera fu una serata davvero speciale.
Presi la Cagiva 125 SXT, indossai giacchetto della Dainese e casco da cross, misi un secondo casco da cross (lo tenevo in garage apposta per quelle occasioni), un giacchetto di Jeans e un plaid nel bauletto e mi avviai verso il Bar di Sotto.
Erano tutti li. C'erano anche Elena e il marito. Rallentai, misi la freccia, ma riaccelerai, senza impennare, ma non mi fermai. Feci un saluto con la mano a Michelle, un saluto per prenderla in giro. Ma lei si alzò dalla sedia e mi corse dietro. Mi fermai, feci inversione e la raggiunsi prima che uscisse dal parcheggio. Avevo il motore ancora acceso, lei gridava: "Ma allora sei proprio fuori di testa!!!!". Io acceleravo e deceleravo in folle e le gridai da dentro il casco:"Cosa hai detto? Non sento!". E lei continuava a gridare che ero matto, io le ripetevo che non sentivo.
Rividi quella scena in un film, Top Gun, anni dopo e non mi pagarono nemmeno i diritti d'autore!!! Americani di merda.
Spensi il motore tolsi il casco e sorrisi a Michelle: "Dai, Michelle, scherzavo. Pensavi davvero che non mi sarei fermato? Calmati, sono qui." mi sorrise felice. Era partita per la tangente e se non mi fossi fermato probabilmente mi avrebbe corso dietro fino a finire il respiro. Ero felice anche io, come lei.
Scesi dalla moto e la misi sul cavalletto, mi prese per mano e ci avvicinammo ai genitori. I miei amici e le amiche erano tutti li, ammucchiati intorno a Ingrid, che non sapeva come dare ilo resto. Ma si divertiva, rideva sempre.
Elena e il marito mi salutarono sorridendo, avevano capito la provocazione. Io guardai Michelle, era stupenda, aveva una gonna a calzone, cortissima, lunga giusto per due punti di cucitura sul cavallo e una maglietta traforata bianca che le si vedeva il reggiseno. Era uno spettacolo della natura. Ma quando finalmente riuscii a staccarle gli occhi di dosso mi venne il panico.
Mi resi conto che quella gonna/pantaloni corti con era il massimo della sicurezza per portarla in moto. E volevo portarla sul Monte Eremo, a 1450 metri di quota per farle vedere il panorama della riviera riminese illuminata, ma lassù, sebbene fosse fine Agosto, era freschino la sera.
Avvicinai la mia bocca al suo orecchio e le sussurrai: "Michelle, sei bellissima, credo di non aver mai visto una ragazza stupenda come te, ma come posso portarti in moto con quella gonna? Basta una scivolata, anche da niente, ma ti rovineresti quello spettacolo di gambe, mi sentirei in colpa per il resto della mia vita." Ma lei scoppio a ridere. Io non capivo, ma lei sfilo dalla borsetta un paio di jeans, spiego alla madre il mio timore, Elena scoppio a ridere insieme al marito e Miscelle mi disse sempre ridendo: "Era solo perché voglio che tu mi vedi sempre bella, perche anche tu sei bellissimo" e corse dentro al bar in direzione della Toilette.
Io dovetti sedermi per riprendermi. Elena mi sorrdeva e mi disse: "Stavolta lo scherzo lo hai subito tu, Michelle mi ha raccontato che ieri sera l'hai fatta aspettare, ma è coscenzosa come te e voleva solo che tu vedessi la sua bellezza. Gli piaci molto. Non l'ho mai vista così. Si è innamorata appena ti ha visto sul tetto". Io non riuscivo a muovere le lingua. Mi sembrava di avere la bocca piena di silicone. Quella donna era davvero tanto speciale. Mi feci coraggio e le dissi che il mio era stato solo uno scherzo per distogliere l'attenzione di Michelle dai miei eventuali amici rivali, e le chiesi di non dirlo a Michelle. Ma lei aveva già capito il mio comportamento della sera prima. Le stavo confessando cose che non avrei confessato nemmeno a Claudio, il barista mitico della Sala Giochi. Lei era sempre la madre di Michelle, ma mi faceva sentire a mio agio. mi disse dolcemente: "Stai tranquillo, è talmente cotta che non vede nessun'altro. Oggi non ha fatto che parlare di te con sua sorella". 'Che donna italiana stupenda!!!', pensai.
Finalmente Michelle usci dal bar con i jeans, guardacaso con i Levi's 501, che la facevano bella come con la minigonna. Mi prese la mano e mi disse: "Sei pronto? Andiamo?". Io mi alzai, le dissi: "Michelle, saresti bellissima anche con una tuta da lavoro sporca di olio da motore". Scoppiarono a ridere di nuovo, Michelle era in orbita. Fortunatamente Ingrid, i miei amici e le mie amiche erano piu distanti, ad un'altro tavolo.
Io mi tolsi il giacchetto della Dainese e glielo appoggiai delicatamente sulle spalle e le dissi: "Tu ti infili questo, ti starà un po lungo, ma è un giacchetto da moto, ha le protezioni ed è molto sicuro. Poi tolsi dal bauletto il casco per lei e il giacchetto di Jeans per me, abbassai le pedane per il passeggero ci infilammo i caschi e salimmo sulla Cagiva 125 SXT. Si alzo il padre di Michelle, si avvicinò, e a bassa voce disse: "La prima sera ci si conosce meglio, poi sarete liberi di fare quello che ritenete giusto, riportamela a casa, alla villetta, verso l'una. Fate i bravi e vai piano", aveva parlato veloce, ma avevo capito. La prima sera non si tromba. Mi sembrava giusto e quell'ometto cominciava a starmi simpatico. Risposi: "Stia tranquillo, posso sembrare un po' pazzerello, ma non lo sono". Lui sorrise e ritorno al tavolo con la moglie.
Prima di accendere il motore dissi a Michelle: "Puoi attarcarti alla maniglia del portapacchi, oppure puoi stringerti al mio petto. Mi strinse forte. Misi in moto e partendo piano, salutai con la mano i genitori di Michelle e feci il gesto del dito medio rivolto ai miei amici. Michelle mi strigeva forte, non gli interessava di salutare, era con me, e non voleva altro.
Ci dileguammo in direzione del Monte Eremo.
Usciti dal paese, presi la strada del monte Eremo. Non era facile concentrarsi aulla guida. Michelle mi stringeva forte il petto e io sentivo il suo seno che premeva sulla mia schiena, di conseguenza avevo l'uccello che premeva sul serbatoio. Ma cercavo di non pensarci. Probabilmente aveva una predisposizione per la moto perché mi seguiva in ogni piega, Pilotavo relativamente veloce, la strada era provinciale, ma dopo Monteboaggine c'erano molti tratti di strada brecciata. Ma, nonostante tette e uccello in pressione, guidavo con sicurezza.
Man mano che salivamo di quota l'aria si rinfrescava, ma si stava bene. Era la tipica serata estiva, il cielo era limpido e le stelle sembravano più vicine e grandi. Arrivati alla strada del rifugio, presi per i prati, l'erba era stata falciata, sembrava un prato inglese. Michelle guardava gli impianti Skilift, gli impianti di risalita. Era affascinata, da lei non si vedevano cose del genere. La portai fino alla Testa del Monte, il punto più alto, 1415 mt/slm. Mi fermai, scendemmo dalla moto, la misi sul cavalletto laterale. Mostrai a Michelle la riviera di Rimini illuminata, la Repubblica di San Marino e lo spettacolo di Villagrande, protetto dal monte Montone, dal monte San Marco e dalla Roccaccia. Lei disse: "Ma.. ma è meraviglioso!!!! Non ho mai visto un posto talmente bello, e le stelle sono brillanti, sembra di poterle toccare! Da qui si può sciare guardando un panorama favoloso". Era estasiata, e aveva motivo di esserlo, perché nonostante l'altitudine relativa, il monte Eremo è davvero unico.
Le spiegai che mio Padre aveva capito le potenzialità di quel posto, aveva radunato 47 amici, aveva creato una Società, di cui era Presidente, e avevano costruito gli impianti da sci. Quella volta la neve faceva e gli impianti rimanevano aperti anche per quattro mesi. Lei mi teneva stretto a se e mi ascoltava. Io sarei rimasto li per tutta la vita abbracciato a lei appoggiati alla sella della cagiva, ma in realtà non si poteva salire fino a li con la moto. Gli dissi: "Michelle, in realtà non si potrebbe arrivare qui in moto, andiamo al rifugio, è aperto anche d'estate e potremmo prendere un caffé o quello che vuoi. Stasera quando sono arrivato al bar eri talmente bella che mi sono anche dimenticato di prendere il caffè". Lei mi si strinse ancora più forte al petto, mi sfiorò le labbra con un bacio dolce, era felice, e sarebbe venuta con me anche al Polo Nord su quella Cagiva 125 SXT. Risalimmo sulla moto e scesi fino al Rifugio Eremo. Parcheggia la moto e ci sedemmo su una panchina davanti al locale.
Le chiesi cosa volesse prendere, lei mi disse: "Pensi che si possa ordinare una cioccolata calda?". A dire il vero lo immaginavo, e sapevo che servivano la cioccolata calda anche d'estate, specialmente la sera. Le chiesi se voleva la panna, disse di si, era anche golosa. Le dissi di restare seduta che ci avrei pensato io.
Entrai nel Rifugio, lo conoscevo bene e i gestori conoscevano bene me. Al banco c'era Nardo, grande amico e coetaneo di mio Padre e di conseguenza anche grande amico mio. Aveva sentito il motore della Cagiva che saliva sulla cima del monte, non voleva che si andasse lassù ne con le moto ne tanto meno con le Jeep, ma io d'inverno andavo la Domenica ad aiutare mio Padre agli impianti, non era solo il Presidente, era anche l'unico che aveva il Brevetto di Capo Sciovia e mi lasciava fare. Era un tipo eccezionale, lo conoscevano tutti ed era simpatico, mi parlava sempre di dui e di mio Padre e di quello che facevano da giovani.
Gli ordinai due cioccolate calde, una con la panna. Mi guardo sbalordito, non ero il tipo da cioccolata calda, non bevevo alcolici, ma solitamente bevevo Coca Cola, bibite varie gassate, o caffè. Mi disse: "Hai una gringhella con te?". Gli spiegai che ero li con una amica . Si mise a ridere e continuò: "Una amica? Ma non mi raccontare stupidaggini, tu non vieni quassù con una amica, hai una Fidanzata con te, non ti ho mai visto prendere una cioccolata calda, e se la prendi è perché la vuole lei, ne sono sicuro". Era vero e gli volevo dire che si facesse i cazzi suoi, ma era talmente simpatico che era impossibile. Gli dissi che avevo con me una ragazza belga, che si, era la mia ragazza del momento. Scoppio a ridere e mi disse avrebbe preparato le cioccolate e che me le avrebbe servite fuori. Voleva vederla evidentemente. Io uscii imbarazzato, mi sedetti sulla panchina di fianco a Michelle, a dieci centimetri di distanza. Lei si avvicinò, mi fece passare un braccio dietro le spalle, mi prese la mano e la strinse a quella mano. Poi mise l'altra sulla mia e si strinse a me.
Mi disse: "Adesso voglio sapere perché ieri sera hai fatto tutta quella scena per farmi arrabbiare, hai detto che mi avresti spiegato e adesso me lo spieghi per favore?". Le sorrisi dolcemente: "Michelle, lo sai benissimo il perché, sono più che sicuro che lo hai capito benissimo". Fui salvato dall'arrivo di Nardo con le cioccolate. Appena vide Michelle pensai che gli cadessero le cioccolate dal vassoio. La saluto: "Buonasera signorina bella", era un leccaculo da competizione, era il suo mestiere. Poi si rivolse a me: "Lele, sempre in compagnia di donne bellissime, complimenti". Era una bugia, ero popolare ma non ero Richard Gere e non volevo che Michelle pensasse che fossi una specie di Latin Lower prematuro. Ma fortunatamente Michelle non aveva capito una parola, gli dissi: "Ha detto che sei una ragazza bellissima e che sono molto fortunato". Tralasciai il fatto che ero sempre in compagnia di ragazze bellissime, anche perché non era proprio vero. Michelle sorrise cortesemente: "Merci monsieur, vous êtes très gentil. J'ai aussi beaucoup de chance, Lele est fantastique". Io ero imbarazzato e dissi a Nardo che Michelle lo aveva ringraziato per il complimento e che era molto gentile, ma che era arrivato il momento di lasciare le cioccolate sul tavolo e che se ne tornasse dentro. E che cazzo!!! Ero imbarazzato cinque minuti si e cinque minuti no!!! Nardo sorrise, salutò e tornò all'interno del Rifugio.
"Allora? Mi dici perché ti sei comportato cosi ieri sera?" ricominciò Michelle. Di nuovo in imbarazzo, ma dovevo e volevo essere sincero, anche se ero sicuro che lo avesse già capito. Ma voleva sentirlo da me.
Le risposi: "Michelle, so che lo hai già capito, ma se lo vuoi sentire da me te lo dico sinceramente. I miei amici, non vengono al Bar di Sotto, quella sera erano tutti li, perché c'eravate tu e tua sorella Ingrid. Io ho capito subito che sei una ragazza speciale, disinvolta, impavida, e che se volevo attirare la tua attenzione dovevo fare il duro, sfidarti, ed è quello che ho fatto. E alla fine ho avuto la meglio sui miei amici, perché adesso sei qui, sola con me, in questo posto bellissimo e i miei amici se la sono presa in quel posto. E adesso muoiono di invidia". Lo dissi tutto in un fiato. Lei scoppiò a ridere di felicità, mi rispose: "Sei matto quanto bello". Non so dove vedeva tutta sta bellezza, e continuo: "Era quello che speravo di sentire. Ma io mi sono innamorata di te da quanto mi hai fatto la lingua di nascosto il primo giorno che sei venuto alla villetta". E mi bacio sulla bocca, ma stavolta non era un bacetto sulle labbra, ci infilammo le lingue nella bocca cominciammo a limonare come se non esistesse un domani. La sua lingua era dolce, forse per via della cioccolata, ma no, era proprio dolce di suo, e non si staccava. E io non volevo che si staccasse. Non ho idea di quanto duro quel bacio, altro che bacio alla francese, quella era una limonata italo-belga e non finiva mai. Io avevo l'uccello che mi faceva male da ore, ma il padre aveva detto che prima dovevamo conoscerci, e ci stavamo conoscendo bene, esplorando proprio, sentivo la sua lingua che cercava non so cosa dentro la mia bocca e io cercavo dentro la sua. Quando ci staccammo non avevamo più un filo di respiro, eravamo stati talmente impegnati in quella limonata che ci eravamo completamente dimenticati di respirare, in fondo potevamo farlo con il naso, ma c'era stato un gran lavoro di lingue e al naso non ci avevamo nemmeno pensato.
Progetto Web di:
Emanuele Mazzocchetti