La ragazza giusta nei tempi sbagliati - Capitan Kappa

Capitan Kappa Logo
Capitan Kappa
Sito Ufficiale
Web Designer: Emanuele Mazzocchetti
Title
Vai ai contenuti
Motoclub
Partito Nazional Fascista
La giovinezza
Nel bene o nel male, il Capitano è sempre il Capitano!!!!!!
La ragazza giusta nei tempi sbagliati
Separatore
Da adesso la storia la racconto in italiano, non ho ancora imparato il francese e nemmeno l'italiano, ad essere sinceri.

Arrivai in 8/10 secondi all'albergo, l'Hotel Villagrande (un po come l'Hotel California degli Eagles), comunemente detto Sala Giochi. Il mio mondo, il mondo di tutti i ragazzi di Villagrande. Tutti, chi prima chi dopo, passavano la loro adolescenza in quel locale, i giochi erano vecchi, ma era un posto magico. In estate si consumavano amori innocenti, quanto intensi, con la colonna sonora (come nei film d'amore) dei brani del Juke Box, che aveva dischi recenti e bellissimi, erano gli anni 80 e la musica era poetica. Anche il Rock e anche quella delle discoteche.
In inverno passavamo i pomeriggi a piangere, sempre al Juke Box, ricordando gli amori estivi. Era il cuore pulsante del paese, dove i sogni si realizzavano, magari per brevi periodi, ma era bello <Il Sogno Estivo Villagrandese> (molto meglio del Sogno Americano) ed era bello anche <Il Pianto Invernale>. Non dimenticherò mai quel Juke Box.

Sabrina era seduta sul dondolo, all'esterno, vicino al Juke Box, ma non troppo, stava ascoltando "Live To Tell, di Madonna, era la nostra canzone. Quando arrivai sorrideva, il suo viso era bellissimo e dolcissimo e mi trasmetteva tanta tranquillità. Non impazziva per la mia Cagiva, a Rimini c'erano altri ragazzi con quella moto, ma non erano molti nemmeno lì.
Lei non guardava la mia moto o i miei vestiti. Lei mi guardava dentro.
Era una delle poche ragazze che aveva capito che dietro il mio comportamento da duro, c'era un animo dolce, magari un pochino  montanaro, ma sapeva che in fondo ero un ragazzo buono.
E la rispettavo tanto, anche quando mi sgridava perché ogni tanto mi usciva una parolaccia. Lo faceva per il mio bene, non era ipocrita.

Era sola sul dondolo. I ragazzi, anche i Play Boy che quella sera erano stranamente al bar di sotto, sapevano che in qualche modo le mi piaceva e io piacevo a lei. Non si lasciava avvicinare dagli altri. La salutai e mi sedetti al sua fianco, sul dondolo. Lei si allungò e mi bacio delicatamente sulla guancia. Disse: "Sei arrivato puntuale questa sera". Sapeva che lavoravo e sapeva che avvolte potevo tardare qualche decina di minuti, ma mi ammirava anche per il fatto che lavoravo.
Anche sua nonna conosceva mio Padre, d'altronde era Natalino, era considerato da tutti un brav'uomo, e lo era davvero, perché aveva fatto e faceva molto per il piccolo paese. Gli uomini come lui lo avevano reso popolare, bello, pulito e tranquillo. Ideale per le famiglie e per gli adolescenti che facevano le prime esperienze e stavano lontani dall'incubo delle droghe, che allora era già in grosso problema nelle città e anche nei paesi, ma non a Villagrande, li la gente lasciava le porte aperte.
Separatore
Sabrina mi chiese di fare una passeggiata intorno al paese. Mi piaceva farmi vedere con lei anche solo a passeggio, era bellissima, aveva i capelli lunghi mori, i lineamenti dolci e delicati che hanno solo le ragazze italiane, il Mediterraneo le plasma come solo lui sa fare. Forse più bella di Michelle o comunque erano completamente diverse. Non indossava minigonne, ma i Lewis 501 le facevano le gambe (e soprattutto il culo) bellissimi. Il seno era ancora piccolo, ma perfetto. Gli altri (i miei amici del cuore) mi odiavano probabilmente. Ma quella sera di sotto c'era Michelle. Proposi di andare alla Panoramica. Accettò, piaceva anche a lei stare sola con me.
Ci alzammo, mi avvicinai alla Cagiva, ma lei mi fermò. "Lele, sai che ho paura e che mia nonna non vuole", le sorrisi. "Sabri, prendo solo le chiavi". Lei mi prese sottobraccio e ci incamminammo.
Parlavamo di tutto, era intelligente, lo ero anche io, credo, ma lei il cervello lo usava più per cose molto più serie di me. Avevamo la stessa età, ma lei era già una donna. Ero sicuro che desiderasse quanto me andare oltre, ma aveva una idea dell'amore più nobile e poetico, lo considerava una cosa sacra, io ancora non lo capivo ma lo avrei capito più avanti, quando il testosterone si fosse almeno calmato. Le volevo molto bene anche per quello, sapeva controllarsi. Io purtroppo un po meno, ma con lei ero calmo.
Fu una serata dolcissima, come tutte le sere che avevo passato in sua compagnia.
Alle 23:00 la accompagnai alla porta di casa, la nonna mi guardava benino, non benissimo per via di quella Moto Infernale, ma ero pur sempre il figlio di Natalino e non potevo essere proprio matto.
Davanti alla porta mi disse: "Lele, domani è l'ultima sera che stiamo insieme, dopodomani parto." Era visibilmente triste. "Ti aspetto, se puoi non fare tardi, ti prego. Tu sai quanto ti voglio bene, non mandarmi a casa triste".
Ci sono delle cose che anche se sei solo un ragazzino non le dimenticherai mai. Non sarei mai andato oltre con lei, lo sapevo bene, ma quelle parole dolci e tristi mi risuonano ancora nella mente dopo 40 anni.
La strinsi delicatamente fra le braccia, la baciai sulla guancia e non dissi niente. La tenevo stretta al petto e non desideravo altro. La salutai e lei entro in casa.
Sapeva bene che non avrei mancato a quell'appuntamento nemmeno se fosse arrivata l'Apocalisse, quella che don Elio mi diceva sempre che non mi avrebbe risparmiato perché ero un peccatore.
Don Elio lo diceva per impressionarmi, lo diceva a tutti i ragazzi, ma quella sera non ero un peccatore e se avessi incontrato il diavolo in persona l'avrei preso a calci in culo con gli stivali da Cross e rimandato malconcio alla Roccaccia, nella Grotta del Diavolo. Grotta che esisteva, era sotto i resti dell'antico Castello, distrutto secoli prima dai francesi (i frocetti).
Era un posto suggestivo e bellissimo, nonostante che rimanevano solo che alcune mura e una torre di guardia.
La grotta era una grotta naturale, stretta e pericolosa per i crolli. Ma il diavolo non c'era.
Da bambino eravamo entrati tante volte, c'erano i pipistrelli e non si capiva dove finisse, perché i cunicoli si restringevano e non si andava più avanti. In quei due  giorni il diavolo fu fortunato perché gli stivali della Gaerne da Cross avevano la punta di ferro e se si fosse fatto vedere gli avrei mandato il culo in fiamme, così avrebbe capito davvero come era l'inferno di fuoco.
Salii sulla Cagiva con un po di tristezza, partii e andai allo Sci Bar. I play boy erano li, mi imbottirono di domande sulle ragazze belghe, alle quali non mi degnai di rispondere.
Mi sedetti con loro, erano sempre i miei amici, molto amici, ma quella sera se la erano presa nel culo. Le belghe erano a casa da un bel po'.
Mangiai una fetta di Cocomero, una Pateca, i genovesi la chiamavano cosi, dicemmo qualche cazzata e verso l'una di notte tornai a casa.
Separatore
Progetto Web di:
Emanuele Mazzocchetti
Capitan Kappa Logo
Capitan Kappa
Scuderia: Via Montefeltresca - n. 104/1 - 47868 - Villagrande di Montecopiolo - RN
E-Mail: info@capitankappa.com
E-Mail Personale: emanuele_m@capitankappa.com
E-Mail Web Designer: webeditor@capitankappa.com
Bandiera Italiana
Stemma Araldico MONTEFELTRO
Stemma Araldico MONTEFELTRO
Torna ai contenuti